E adesso si parla con insistenza di un ritorno di Conte alla Juve

Corsi e ricorsi storici. Sfogliando le tante pagine di storia della Vecchia Signora, ci accorgiamo quanto sia spiccato in questa società quel senso di conservatorismo che preclude, almeno dal punto di vista della direzione tecnica, qualsivoglia tentativo coraggioso di cambiamento al fine di un rinnovamento di mentalità su un calcio che cambia continuamente tra metodologie di preparazione e sistemi tattici. Sono dati di fatto inconfutabili che ci parlano del ritorno di un Massimiliano Allegri che è il quinto allenatore della Juventus ad essere richiamato sulla sua panchina dopo Teobaldo Depetrini, Carlo Parola, Giovanni Trapattoni e Marcello Lippi. Una serie di ritorni che non sempre hanno premiato il significativo cambiamento di gioco e mentalità di un calcio che è sembrato sempre statico nel tempo, anche se, ad onor del vero, tali ritorni sono stati altalenanti anche di successi. Ma, ritornando ai nostri giorni, c’è da dire che con il ritorno di Allegri per volere di Andrea Agnelli che gli ha fatto firmare un contratto considerevole di euro e durata nel tempo (ingaggio di sette milioni di euro netti all’anno fino al 2026) si è ritornati a quel conservatorismo di antica dinastia juventina, in cui ci si affida sempre per timore di sbagliare su ciò che rappresenta il nuovo della direzione di panchina. Così, dopo avere sbagliato a nostro avviso a non puntare insistentemente su Simone Inzaghi come tecnico giovane e capace di aprire un ciclo nuovo alla Juventus, adesso si continua nel pensiero di fare ritornare Antonio Conte. Un errore, secondo noi, non per le indubbie capacità di questo allenatore che anche da giocatore ha dato molto alla Juve, ma, soprattutto, per la sua instabilità caratteriale che ne pregiudica l’equilibrio professionale che non ha. Tutte cose che dovrebbero essere prese sempre in considerazione, visto che proprio la Juve si è ritagliata negli anni l’immagine di società attenta nel rinnovamento del parco calciatori ma non negli allenatori. Ma, prescindendo per un attimo a fattori di immagine e di carattere nel rapporto della figura dell’allenatore della Juventus con la società e i media, è importante parlare di ciò che più conta; e cioè dell’espressione del gioco sul campo che deve essere necessariamente legato a quanto l’attualità delle migliori squadre europee propongono sul terreno di gioco.

A questo proposito pensiamo che il gioco espresso in Italia dalla Fiorentina e dal Sassuolo siano quelli più adatti al rinvigorimento dell’ormai stagnante e antico gioco della Juventus di Allegri che oggettivamente annoia e fallisce. Settanta milioni di euro sono stati spesi per Dusan Vlahovic che dopo il fuoco delle prime due partite ora sembra spento, stanco di correre a vuoto senza mai ricevere un pallone in grado di fare gol ed esprimere tutto il suo potenziale. Si dirà che il centrocampo della Juve è quello che è per modesta caratura tecnica, tuttavia, pensiamo che è proprio nella mentalità del non gioco offensivo che manca la convinzione. E poi tutti questi infortuni muscolari che hanno falcidiato i calciatori della Juve, riteniamo siano soprattutto da addebitare a una preparazione sbagliata. Vediamo in campo giocatori senza idee, stanchi, nervosi. E non serve nemmeno parlare del cambiamento a fine anno di Dybala, Bernardeschi, Alex Sandro e probabilmente anche di De Ligt (come plusvalenza per ingaggiare un altro forte difensore) per giustificare la mancanza di idee di gioco espressa dalla squadra di Massimiliano Allegri. Calma, calma, continuiamo a sentire dalle sue urla in panchina anche quando i suoi ragazzi girano a vuoto e non sanno costruire il minimo di un gioco propositivo. E allora, ad ogni buon conto, noi pensiamo che questo allenatore non sia più in grado di riportare la Juve ai fasti di un passato in cui non erano solo i giocatori che lo aiutavano a vincere per oggettive qualità tecniche superiori al livello espresso dagli attuali calciatori a sua disposizione, ma è proprio nell’idea di gioco che non c’è che si deve ricercare il motivo. Sì, perché tu puoi giocare con tre giocatori di potenziali attitudini d’attacco come Vlahovic, Morata e Dybala, ma se poi sul campo ti riduci a una sola punta, visto che Morata e Dybala partono sempre da lontano e non arrivano mai a tirare in porta; che serve? Per noi è proprio un problema di base, prima ancora che di finta tattica d’attacco espressa sulla carta e mai sul campo. Dunque, a parer nostro, la Juve dovrebbe scrollarsi di dosso questa ancestrale paura di affidare la propria panchina a un allenatore giovane e puntare su Italiano o Dionisi, che pur non avendo esperienza internazionale ti darebbero l’opportunità di crescere sotto l’aspetto di una mentalità propositiva di calcio moderno.

Salvino Cavallaro      

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